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Tribunale di Bologna > Salute del lavoratore
Data: 09/07/2010
Giudice: Coco
Tipo Provvedimento: Sentenza
Numero Provvedimento:
Parti: FABBRI G. /COOP ADRIATICA
INIDONEITA’ ALLA MANSIONE - GIUDIZIO DELLA COMMISSIONE MEDICA USL - RICHIESTA DI DISAPPLICAZIONE O IN SUBORDINE DI ANNULLAMENTO DA PARTE DEL DATORE DI LAVORO PER ILLEGITTIMITA’ DEL PROVVEDIMENTO - INSUSSISTENZA.


Coop Adriatica Scarl conveniva in giudizio un proprio dipendente, adibito presso le casse e affetto da una seria patologia alla vista, al fine di ottenere la disapplicazione (in subordine l’annullamento) del giudizio formulato dalla Commissione Medica Usl  che, su ricorso proposto dal lavoratore avverso il giudizio del Medico competente,aveva stabilito che il lavoratore non poteva “essere adibito ad attività che comportino impegno visivo prolungato e continuativo” e ritenuto  di includere tra le suddette attività anche quelle di addetto alle casse, giudizio che veniva confermato anche a seguito di  quesito posto direttamente dalla Coop alla Commissione Asl.

Coop Adriatica riteneva tale prescrizione manifestamente illegittima data la mancanza di competenza della struttura ad emanarla ed altresì erronea nella parte in cui escludeva la possibilità di adibire il ricorrente alla cassa non comportando tale mansione un impegno visivo particolarmente significativo né tantomeno continuativo e prolungato analogo a quello connesso all’esposizione a videoterminali. A tale proposito parte ricorrente evidenziava come il Testo Unico 81/2008 sulla sicurezza individua il rischio specifico per prolungato impegno visivo solo per coloro che sono addetti ai videoterminali e simili:  non essendo le mansioni di cassa incluse fra le attività comportanti un prolungato impegno visivo, l’organo che ha emanato la prescrizione sarebbe andato oltre le prerogative che la legge gli attribuisce. A supporto delle proprie argomentazioni veniva prodotto un parere medico legale che dopo aver riportato   solo in parte le disposizioni contenute nell’art. 41 del Testo Unico in materia di obbligatorietà di sorveglianza sanitaria e dopo aver evidenziato, viceversa,  pedissequamente le disposizioni contenute negli artt. 172 ss del Testo Unico, concludeva come segue: “L’unico caso di sorveglianza sanitaria esplicitamente prevista dalla legislazione in vigore mirato all’apparato visivo, è quello relativo ai disturbi della vista nei soggetti addetti all’uso di attrezzature munite di videoterminali .

Si costituiva in giudizio il lavoratore e dopo un attenta disamina delle disposizioni tutte del Testo Unico 81/2008, ribadito che nel caso di specie era già presente una seria patologia agli occhi, evidenziava come in tale situazione non rilevasse stabilire se l’attività delle casse sia “tabellata” e rientri o meno fra quelle che “comportano un prolungato impegno visivo”, poiché queste definizioni ineriscono a stime di ordine generale riferite a particolari strumenti di lavoro di cui si conosce la potenzialità lesiva, dettate al fine di prevenire l’insorgenza di determinate patologie in un individuo sano e non possono, quindi,  in alcun modo  essere vincolanti né per il medico competente e tantomeno per il Collegio Medico nella valutazione di un lavoratore che lamenti e certifichi un pregiudizio già in atto. Solo questi ultimi, infatti, possono - e soprattutto devono -  giudicare quando ed in presenza di quali patologie quella determinata attività comporti un impegno visivo tale da pregiudicare una patologia già presente. Queste  valutazioni sono proprie del medico competente e rientrano nell’attività di  sorveglianza sanitaria prevista dall’art. 41 lettera c) e per tale ragione le determinazioni promanate dal Collegio in sede di impugnazione sono da considerarsi assolutamente legittime.

Il Giudice  accoglieva integralmente la lettura normativa del testo unico in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, di cui al D.Lgs. 81/2008, proposta dal lavoratore e respingeva quella offerta da parte ricorrente giudicandola manifestamente errata ed evidenziando quanto segue: “ Il Collegio medico ASL di Bologna, adito in sede di reclamo dal lavoratore  ai sensi dell’art. 41, co. 9, legge cit,  ha sicuramente agito nell’ambito delle proprie competenze nella specificazione dell’idoneità del lavoratore con limitazione dei compiti che prevedono l’impiego gravoso della vista, già espressa dal medico competente, precisando  (…) che non può essere adibito ad attività che comportino impegno visivi prolungato e continuativo (attività di cassa e Vdt) e fornendo successivamente, in risposta al quesito della Coop, “l’interpretazione autentica” del giudizio nell’esclusione assoluta  della possibilità di adibire il F. alle attività di cassa e vdt; che le previsioni degli artt. 172 ss del Dlgs impugnate da parte ricorrente costituiscono mera specificazione – in un settore come quello dell’uso dei Vdt che presenta caratteristiche di tipicità e diffusione tali da meritare e consentire la positivizzazione di linee guida di attenzione ed intervento preventivo alla stregua del principio dell’ id quod plerumque accidit – del più generale campo di intervento della vigilanza sanitaria, che può e deve riguardare , come nella fattispecie in esame, anche le condizioni specializzanti proprie dei singoli lavoratori, come chiaramente evincibile dalle previsioni “aperte” e per le clausole generali contenute nel titolo I della legge e come reso manifesto dalla giustapposizione nel T.U di prescrizioni dettagliate per ambiti e settori e strumenti generali di attuazione dei compiti di prevenzione e di tutela sanitaria delle condizioni di lavoro, non volendo il legislatore ricadere nell’illusione dell’onnicomprensività ed autosufficienza del testo normativo del codice civile prussiano del 1794”.

Il ricorso proposto dalla Coop veniva, pertanto, integralmente respinto e per l’effetto confermate le limitazioni all’impiego del lavoratore come prescritte e specificate dalla commissione medica.